Intelligenza artificiale e lavoro: quali sono le prossime frontiere?

Intelligenza artificiale e lavoro: secondo una recente ricerca condotta dal McKinsey Global Institute, l’intelligenza artificiale sarà in grado di generare 13 trilioni di dollari in attività economiche globali, entro il 2030.
Una cifra impressionante, che va però analizzata a fondo per comprendere le opportunità reali e quali modifiche sostanziali saranno necessarie perché l’interazione tra intelligenza artificiale e lavoro porti frutti positivi.

Il ruolo dell’AI nelle aziende

L'AI può diventare un partner validissimo in molti settori aziendali.
Può essere sfruttata, ad esempio, creando chatbot per il supporto amministrativo, il customer care, la gestione delle informazioni, la formazione, oppure per implementare modelli statistici, classificazioni, template strutturali. In sintesi, archiviando correttamente tutte le informazioni e con database digitalizzati ben concepiti, può non solo compiere lavori ripetitivi al posto degli umani, ma aiutare la governance aziendale a “prevedere il futuro”, fornendo statistiche e prospettive che facilitino le scelte a livello strategico.

Anche il settore delle risorse umane può sfruttare il potenziale dell’intelligenza artificiale e sono state sperimentate con successo anche attività di reclutamento. Tuttavia, queste tecniche sembrano essere efficaci per lavori poco qualificati: più una posizione richiede competenze elevate e complesse, maggiori sono i limiti della tecnologia.
Perché entra in gioco l’abilità peculiare dell'essere umano.

Uno spunto di lettura

Nel libro dello storico e saggista israeliano Yuval Noah Harari, dal titolo “Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell'umanità”, si rimarca la principale caratteristica umana, che ci contraddistingue da qualsiasi AI finora sviluppata: l’immaginazione. Siamo gli unici esseri viventi capaci di parlare di concetti che esistono solo nella nostra mente, come la religione, le leggi, il denaro, ed è questo che ci ha permesso di creare relazioni, contatti, far proliferare idee, crescere e migliorare nel tempo. Si tratta di un talento unico e inimitabile. E l’intelligenza artificiale, in questo caso, può essere un’integrazione, ma non una sostituta.

Le prospettive future per intelligenza artificiale e lavoro

Il grande potenziale delle AI nel mondo del lavoro è stato parametrizzato dalla ricerca McKinsey in cinque categorie distinte: visione artificiale, linguaggio naturale, assistenti virtuali, automazione dei processi robotici e apprendimento automatico avanzato. La previsione è che le aziende, entro il 2030, adottino almeno una di queste tecnologie stabilmente, anche in modo piuttosto rapido.

D’altra parte, come già accaduto nelle rivoluzioni tecnologiche del passato, è dimostrato che la diffidenza verso le innovazioni è inaccettabile, a maggior ragione in un tempo come il nostro in cui la tecnologia occupa ampia parte della vita, sia privata che lavorativa.

È probabile che un iniziale costo d’investimento possa frenare la corsa delle aziende verso le intelligenze artificiali. Tuttavia, queste resistenze potrebbero poi rivelarsi dannose per coloro che restano indietro, perché dovrebbero poi investire ancor di più per rientrare in competizione con chi è già più avanzato.

Fiducia incontrollata o digitalizzazione consapevole?

La risposta è ovvia. Sebbene sia prevedibile che il recruiting si sposti verso professionalità sempre più digitalizzate e adattabili a lavorare con i nuovi strumenti ad alta tecnologia, focalizzandosi di fatto sulla ricerca di talenti e competenze elevate, sarà necessaria anche una digitalizzazione consapevole di chi lavora in azienda, per permettere a ognuno di evolversi nel modo giusto e non restare indietro.

Al leader sarà richiesta, dunque, una visione ancor più ampia e strategica, a lungo termine. L’aggiornamento continuo delle competenze dovrà essere all’ordine del giorno in azienda e il leader dovrà essere in grado di far vincere le resistenze, provvedere a un’adeguata alfabetizzazione digitale, eventualmente affiancandosi anche a un coach o a un reparto HR esperto e reattivo.

Perché il rapporto tra intelligenza artificiale e lavoro renderà più semplice da un lato, ma dall’altro ancor più complessa e frenetica la vita aziendale. Si dovrà perciò trovare il giusto compromesso, per garantire prosperità e benessere, senza per questo restare indietro.

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